lunedì 29 novembre 2010

from a letter...

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"... don't worry, and remember there are lovely things in the world still - children, boys, sunshine, the sea, Mozart, you and me-"

Peter Pears to Benjamin Britten

... non riesco a immaginare niente di più dolce da dire alla persona amata in un momento di sconforto...

lunedì 15 novembre 2010

La maledizione del Giro di Vite....


Foto from Flickr

Ci sono alcune cose che non scriverò mai nella tesi, ma che sarebbero davvero curiose e ogni tanto mi chiedo anche se non sarebbero più interessanti di quello che sto scrivendo poi davvero…

Non ricordo se ne ho già parlato ma le mia dissertation si occupa di The Turn of the Screw, sia la novella di James, che l’opera teatrale del compositore inglese Benjamin Britten. Una delle prime cose che salta agli occhi analizzando la nascita delle due opere è questa:

Poco prima di iniziare a scrivere The Turn, James per ragioni mediche dovette abbandonare l’abitudine di scrivere a mano le sue opere, comprò una macchina da scrivere, per l’epoca un acquisto altamente teconologico, e dovette assumere qualcuno a cui iniziò a dettare le sue opere. Mi permetto di aggiungere una curiosità dal taglio femminista… All’inizio assunse un uomo per questo delicato compito, poi quando capì che una donna gli sarebbe costata meno, decise che una presenza femminile sarebbe stata più adeguata.

Nel 1953-4 Benjamin Britten aveva già ricevuto la commissione per una nuova opera dalla Biennale di Venezia, e si apprestava a scrivere, ma dovette interrompere per un po’ il lavoro a causa di una borsite che lo costrinse al riposo assoluto, e che fu la causa della cancellazione di molti concerti che lo vedevano anche in veste di direttore d’orchestra.

Ora, non so voi che ne pensate, ma io sono un po’ più guardinga in questo periodo e faccio attenzione a non sollevare pesi eccessivi e non fare movimenti bruschi con le braccia…

martedì 9 novembre 2010

La scuola degli ingredienti segreti



Ci sono sensazioni che è difficile descrivere, eppure Meg Ryan riesce perfettamente a descrivere una pera, quando la ascolti pensi... "giusto, è così!"

Così quando leggi "La scuola degli ingredienti segreti", quando ti imbatti nelle vite che quel romanzo racconta, mescolandole a ricette, a piatti, a sensazioni olfattive e non solo, pensi "è proprio questo che succede...". In maniera del tutto stupefacente Erica Bauermeister riesce a mettere sulla carta odori sapori e gesti così definiti che ti sembra di essere in quella cucina, e anche in quella vita. Perché in questo corso di cucina ci sono vite e storie, che attendono la loro occasione, il loro ingrediente, salvo scoprire di essere loro stessi un ingrediente segreto, e di trovare nella cucina ciò che manca alla loro vita. Come in una ricetta vera e propria, l'aggiunta di una spezia o la preparazione particolare dà un nuovo gusto, un nuovo sapore e aiuta a condividere il piatto con qualcuno.

L'ho preso in mano con timore, perché in questo periodo non avevo voglia di storie strappalacrime, o di sdolcinatezze condite ad arte nell'ambientazione di una cucina e ho trovato una narrazione fluida e sensualissima, che ti fa rimanere incollata fino all'ultima pagina, e quando arrivi in fondo a chiudere il libro, come dopo un pasto lento e pieno di sensazioni, rimpiangi l'ultima forchettata e vorresti tenere più a lungo dentro di te quel sapore.