martedì 22 settembre 2009

Sentirsi poveri con 50 euro in tasca!

Sabato mattina devo prendere un treno alle 7 e-troppo-pochi-minuti, e pensavo fosse una cosa facile, ho una banconota da 50 euro in tasca e parto fiduciosa.

La biglietteria ha deciso di fare degli orari nuovi e apre alle 8.30 (i pendolari che vanno via tutte le mattine non si faranno più un biglietto, ma va bene...), ma non mi scoraggio, ne ero stata avvisata e so che ci sono 2 macchinette in stazione, se proprio butta male ho con me anche il bancomat! Mi avvio alla macchinetta e.... (suspance...) è rotta! Non dà alcun segno di vita! lo so, che ho detto che ce ne sono due, ma la seconda è un po' diversa, e funziona con banconote massimo da 20 euro e non accetta il bancomat!
Ma non mi dò ancora per vinta, c'è l'edicola in stazione e lì vendono sia biglietti che abbonamenti, ce la posso ancora fare! Mi avvio a passo deciso, arrivo davanti, non c'è fila (logico, di sabato mattina sono l'unica a prendere il treno delle 7 e-troppo-pochi-minuti!) e chiedo un biglietto. L'edicolante fa per staccarlo e io allungo la mia banconota da 50 euro, lui la guarda e contrariato fa: "Ah, no, sei già la terza stamattina, se te li cambio non dò più il resto a nessuno!". Io tra l'implorante e l'incredulo dico: "Ma la biglietteria è chiusa, la macchinetta è rotta e io devo prendere il treno!! Come dovrei fare?!" "Ah, non lo so e non mi interessa!".
Semidisperata torno verso le macchinette sperando in un'illuminazione e guardando i pochi minuti che mancano all'arrivo del mio treno mi gioco l'ultima carta: prelevo al bancomat 20 euro per pagare il biglietto alla maccchinetta (meno non te li fa prelevare). Appena effettuato il pagamento mi rendo conto che la macchinetta non dà il resto, ma un simpatico buono rimborsabile dalle maledettissime ferrovie dello stato. Inveisco, corro in treno, al primo cambio scendo e corro al supermercato della stazione per comprarmi dei fazzoletti di carta e una bottiglia d'acqua, arrivo alla cassa e ripresento la mia banconota da 50, visto che non posso fare affidamento neanche sul resto della macchinetta, la cassiera mi guarda e mi fa: "Non avrebbe moneta?!" Io la guardo ormai stordita e faccio :"Guardate che son soldi buoni eh!"

Neanche li avessi rubati!

venerdì 18 settembre 2009

Le magagne di faccialibro

Premetto che come dissi tempo fa, anch'io sono su FB, premetto anche che preferisco tenere separate l'area della mia vita dove sono identificabile e contattabile da quella anonima con cui vi ammorbo ormai da un bel po' di tempo.

Come in tutte le cose non mi piacciono le posizioni estreme, non penso che FB sia la scoperta più rivoluzionaria degli ultimi 20 anni, ma non penso neanche che sia il diavolo, penso però che ci siano modi corretti e scorretti di usarlo (un po' come l'aspirina insomma, ma in effetti senza il potere di farti passare il raffreddore!).

Detto questo parliamo un attimo degli usi scorretti (che quelli buoni come al solito sono molto poco interessanti, almeno dal punto di vista della narrazione!). E partiamo da quelli più sottili, tipo l'iscrizione ai gruppi, sì, perché se inizio ad iscrivermi al gruppo "quelli che la mattina fanno fatica ad alzarsi dal letto" è un discorso, tra l'altro penso che se sono davvero miei amici quelli che contatto, in linea di principio sapranno che sono sufficientemente pigra, o dinamica, o che altro. Quando invece mi iscrivo ad un gruppo tipo "quelli che sono stati lasciati da una persona che amavano tanto", "quelli che hanno 4 amici veri nella vita", già le informazioni che diffondi sono diverse, e quelli a sfondo sessuale ve li risparmio, dal momento che vi ho abituati ad un certo contegno. Insomma, in quel momento stai dicendo un po' di più di te stesso/a, anche se in maniera indiretta, e già a questo si dovrebbe prestare un po' di attenzione, non tanto perché siano informazioni sconvenienti, ma perché ci sono cose che ognuno dovrebbe tenere per sé...

Detto questo l'altra mattina apro la mia home page e trovo il messaggio di una ragazza che conosco poco ma di cui sono appunto amica su FB (abbiamo frequentato un corso all'Università...) che recita "Un grosso fanculo a chi ti dice di volersi fare una famiglia con te e poi ti tradisce con una donna sposata". E questo è stato solo l'inizio di una mattinata in cui la povera "cornuta" ha continuato a sfogare la sua rabbia sul web.
Ora, se fosse andata a tagliarlgi le gomme dell'auto e con l'occasione gli avesse dato fuoco alla casa, io stare dalla sua parte, e in caso mi trovassi in giuria in tale processo l'avrei assolta! Se avesse fatto un rito voodoo in cameretta, la capirei, se avesse chiamato tutti gli amici di lui per raccontargli cosa pensa davvero di loro questo personaggio, mettendogli contro tutta la popolazione della piccola cittadina, la giustificherei, se decidesse di evirarlo sulla pubblica piazza, anche. Ma a che scopo, dire al mondo, incluso quello che non ti conosce così bene, che lui ti ha tradito, e fare pubblicamente la parte della cornuta?! Proprio non me ne capacito...

Ecco perchè ho deciso di postare anche questo simpatico video, che ci ricorda che se FB fosse la vita vera, sarebbe un disastro! Forse ci vorrebbe l'etichetta "maneggiare con cura"!

venerdì 11 settembre 2009

Marco Paolini

Mi chiedo sempre quanto sia esportabile quando lo vedo. Perchè io sono veneta, e me lo godo fino in fondo, ma se lo senti parlare, e non sai cos'è il calìgo, o cosa sono i caparossoli, te lo può anche tradurre nello spettacolo, ma non è la stessa cosa.

Raccconta storie Marco Paolini, e di solito le racconta con una lavagna davanti e nella storia c'è sempre un treno, anche quando non c'entra con la storia. Racconta storie della sua terra, e allora parla di nebbia, di isole, di montagne e di pianure, di gente e delle abitudini di un popolo che può piacere oppure no, ma sul quale trova sempre il modo di farti sorridere.
Dal vivo ho avuto poche volte la fortuna di vederlo, l'ho sentito parlar di rugby, e in una città come la mia non è semplice, e poi lui ci mette sempre di mezzo la politica, con le sue contraddizioni, e le sue ingenuità, e racconta i modi autentici delle persone. E' quello che ti fa ridere, riconoscere il modo, la parlata, la frase che sai essere vera, detta, sentita.


Ma quello che a me piace più di tutto è vederlo muovere.


Non è solo mimare il movimento per darti l'idea di quello che vuole dire, è un balletto quello che fa, e non che sia un movimento sempre così elegante, ma il movimento da solo racconta tutto, ti riracconta tutto lo spettacolo. E non riesci a togliergli gli occhi di dosso, perchè è con te che sta parlando, è a te che sta raccontando quella storia.

Foto da qui
Se poi hai visto il Vajont, sai che può raccontare qualsiasi storia, anche le tragedia così grandi imputabili alla stupidità umana. Orazione civile, la definisce, molto di più secondo me. E' un documentario, ma è anche spettacolo, e uno spettacolo al quale non si può restare indifferenti. Se sei nato a Belluno immagino che abbia un peso diverso la tragedia successa a Longarone, ma se hai visto lo spettacolo di Paolini, non sarai mai più indifferente a quel nome: Vajont.







Un artista straordinario, che racconta la storia e le storie che conosce bene, e che forse sono difficilmente usufruibili da tutta l'Italia, o forse no, perchè magari in tutta questa globalizzazione è stato sdoganato anche il dialetto veneto, perchè chi ci è passato per queste terre lo sa, che non è cattiveria, è che è la nostra lingua, e in certi momenti non si può parlarlo l'italiano, perchè certe cose non si possono dire in italiano.
Però è uno di quegli artisti che ti fanno sentire un po' più orgoglioso di essere italiano.

domenica 6 settembre 2009

Guardare alla Luna

Foto from Flickr

Ci piace tutto ciò che non possiamo avere, e nell'attimo in cui lo otteniamo non ci piace o non ci basta più. Vogliamo raggiungere l'irraggiungibile, proprio perché è tale. Perché non ci deluderà mai, non possiamo averlo, per cui possiamo immaginarlo, e nella nostra immaginazione possiamo renderlo perfetto, nella nostra immaginazione non può deluderci, e non può diventare vero. Già quello non ci basta, che non possa diventare vero, ma è parte del gioco, che ci sia una possibilità, che sia desiderabile proprio perché non del tutto frutto del nostro intelletto o (peggio ancora) del nostro cuore. No, lo possiamo avvicinare, a quel tanto che basta per farci capire quanto vorremmo anche noi, ma poi scivola lontano dalle nostre mani, o lo facciamo scivolare... sì, perché se lo toccassimo diventerebbe reale e potrebbe deluderci, o essere difficile, o non bastarci, o peggio, finire. O forse non potrebbe reggere il confronto con ciò che era diventato nella nostra mente, perché nell'attesa, e nel ricrearsi nella nostra mente era diventato ancor più irraggiungibile, più lontano, meno reale, perché tutto ciò che è vero è per sua stessa natura imperfetto, come lo siamo noi, e allora se dobbiamo immaginarci qualcosa possiamo almeno concederci il lusso di immaginarlo privo di difetti, così bello che non reggerà mai il confronto con la realtà.