venerdì 21 dicembre 2012

Il mondo non finisce, i contratti sì

Oggi non è finito il mondo.
Ma il 23 dicembre finisce il mio contratto. Ho un contratto a progetto. Svolgo due progetto diversi, uno vero e proprio si è concluso con l'invio dei materiali in regione, per l'approvazione e conseguente pagamento della somma richiesta dall'ente che mi ha assunto. Una collaborazione a progetto in piena regola: decidevo io i miei orari, se rimanevo indietro col lavoro rispetto alle mie tabelle di marcia, mi trattenevo più a lungo. Il tutto compatibilente con gli orari di apertura e la disponibilità dei mezzi (la postazione pc per intenderci). Il 15 dicembre come previsto, tutto era pronto. Spedito, finito.
Il secondo progetto è dura definirlo tale... Svolgo mansioni di segreteria presso la portineria, quindi c'è da badare l'utenza, e molto altro. Avevo orari ben precisi, e chiedere un permesso voleva dire smobilitare altre persone dai loro incarichi per coprire la mia assenza, e richiedeva che io avisassi largamente per tempo. Non c'è nessun progetto vero e proprio, c'è solo l'esigenza di non farmi un contratto troppo lungo e di pagare deicontributi minimi.
Mancano due giorni alla scadenza del mio contratto. Le persone che si occupano della gestione di questo ente culturale per il quale lavoro, non hanno accennato al futuro, e quando sollecitate, ci hanno invitati a "fare un giro" dopo la chiusura festiva. Si sono però ben premurati che molto del lavoro necessario subito dopo le feste sia già svolto, minacciandoci rispetto al rinnovo del contratto, di fronte alla nostra obiezione che certi carichi di lavoro negli orari in cui siamo a disposizione del pubblico sono difficili da portare a termine.
Inizieremo le feste di Natale senza sapere se verremo riconfermati e con quante ore all'attivo, da padroni feudali, ci dicono che stanno lavorando per... prodigandosi di..., lasciandoci alla mercè della loro bontà. Non meritiamo neanche notizie più certe, o interventi risoluti. Tutto rimandato, uno di loro è anche partito per una crociera, dall'altra parte del mondo.

Alla scadenza del primo contratto, nelle ore che mi son rimaste, invece di tornare a casa, sono scesa a dare una mano alle colleghe, che di lavoro ce n'è sempre. Non sono mai uscita all'ora in cui abbiamo stabilito, la sera, ma sempre almeno un quarto d'ora dopo. In questi giorni il mio collega si è ammalato, e ho coperto i suoi turni proponendo di venire per non mettere in difficoltà colleghi che si sarebbero trovati in mezzo a lavori iniziati da altri. Ho anche preparato qualche addobbo natalizio per dare un aspetto più in tema con le feste a questo luogo frequestato dagli utenti.

La cosa ridicola è che tutte queste cose le avrei fatte anche senza l'incombenza di un contratto che scade e di un rinnovo "miraggio".

venerdì 9 novembre 2012

J'aime/ Je n'aime pas

Nessuna dimestichezza col francese, per mio personalissimo rifiuto di imparare una lingua che non mi piace.

Però cita Jacqueline, che settimane fa lancia questo grazioso giochetto che ho provato a fare anch'io! Niente post-it sul frigo, ma un taccuino in borsa con me per una decina di giorni per darmi modo di annotare varie cose... e questo è il risultato!

J'AIME:

- l'odore che c'è in erboristeria appena entri;
-Au Claire de Lune di Debussy, nella versione originale;
-Strngere in mano una tazza di caffè caldo della moka quando fuori fa freddo;
-Scrivere con la penna a inchiostro liquido;
- Chiaccherare con uno/a sconosciuto/a mentre sono in cassa, in coda, al supermercato...
-Il rumore della pioggia sulla tenda e quella strana sensazione di sentirsi al sicuro in una casa di tela.
-Parlare in inglese (anche in tedesco, ma llo faccio meno spesso), articolare i suoni e sentirli uscire dalla mia bocca;
-La sensazione di un bicchiere di vino leggero e frizzante in bocca. Quel solletichìo sulla lingua e la piacevole sensazione che dà...
-Ridere talmente tanto che non ti ricordi più il perchè!
-I bambini piccoli che ti dicono 'ciao' dalla terrazza quando passi lì sotto, e se sei a piedi fanno anche a tempo a chiederti ?tu, come ti chiami?';
-Far correre un po' l'acqua calda prima di entrare in doccia, per entrare in una nuvola di vapore. E quando esco tenermi un po' addosso l'asciugamano invece di rivestirmi subito;
-Le braccia forti di un uomo che ti stringono e quella sensazione di "stare al sicuro"...
-Passeggiare lentamente nei momenti di caos cittadino (lo facevo ai tempi dell'uni...)
-La voce di Mina
- I maglioni a collo alto

JE N'AIME PAS

-Il reaffreddore, il naso chiuso, il mal di gola, che mi fanno sentire un catorcio;
-parlare con chi trova sempre un buon motivo per lamentarsi e raramete uno per sorridere;
-Le persone che ti chiedono 'cosa vuoi fare nella vita?' come se fosse un argomento da chiacchere...
-Essere in attesa, di una notizia bella o brutta che sia... della risposta di qualcuno... aspettare in generale...
-essere trattata come una bambina a causa dell'età (e dire che non ne ho 15) o semplicemente a causa del fatto di essere donna.
-Le scadenze impellenti e il non sentirsi pronta, è una tensione che non mi piace per niente...
-Il cavolfiore e la puzza terribile che fa...
-Le cavallette e molti altri insetti, ma le cavallette sono propio al top!
-I lavori noiosi e ripetitivi che non richiedono nessuno sforzo al cervello...
- Quelle che si lamentano "quant'era bello quando ero single..."



martedì 2 ottobre 2012

Parole

Foto from Flickr

Apro il fascicolo che devo scannerizzare oggi e leggo "scuole per minorati psichici", ho un sussulto, non sta bene, adesso non le definiremmo così, non ci permetteremmo.
Il mio professore d'inglese all'università ci spiegò che adesso pompiere non si dice più 'fireman', perchè è un lavoro che fanno anche le donne, allora si dice 'firefighter', così è più neutro.
Il linguaggio ci fa paura, sentiamo la necessità di difenderci, di neutralizzarlo. Vogliamo parlare parole che non ci facciano male.

Ci sono parole che di per sè non sono scandalose, ma che sappiamo che "non si devono dire". Mia nonna si riferiva ai suoi nuovi dirimpettai definendoli 'negri', ma senza nessun senso dispregiativo, questo però sentendola parlare, lo sapevo solo io e temevo fortissimamente che le scappasse anche in faccia loro.

Ciò che rende così potente il linguaggio è che identifica la realtà. Niente esiste, finchè non lo nominiamo, e quando lo nominiamo diamo inevitabilmente un giudizio.

Nella Genesi, la creazione aviene attraverso la bocca di Dio, il solo definire le cose le crea ("e Dio disse..."). Ma il linguaggio è anche punizione divina, quando l'uomo vuole avvicinarsi troppo a Dio costruendo la torre di Babele, la punizione che il Creatore si inventa è la confusione delle lingue. Può sembrare meno 'violenta' di altre scelte, ma a ben pensarci è ciò che davvero distrugge la possibilità di stare insieme per gli uomini, di comprendersi, di lavorare secondo un fine comune. Non possono più comunicare, possono solo rimanere da soli.

Quando in una coppia si iniziano a parlare "lingue diverse", diventa inevitabilmente difficile stare insieme. Non ci si può ascoltare.
La difficoltà più grande che anche nel 2012 abbiamo se vogliamo andare all'estero riguarda la lingua.

Da piccola mi domandavo in continuazione chi avesse dato il nome a tutto. Chi ha deciso che il fiore si chiama fiore? E chi ha stabilito che il cielo si chiami cielo?
Ho una laurea in lingue e ancora non ho una risposta a questa domanda...

mercoledì 12 settembre 2012

Non è passato un minuto...

Foto from Flickr

Non è passato un minuto dall'era in cui le signorine facevano di tutto per apparire appetibili e sufficietemente belle per trovarsi una buona sistemazione. Nessuna evoluzione dai salotti di Jane Austen in cui si cantava, bene, ma non troppo, si recitava, bene ma non troppo, e si ricamava, bene ma non troppo. Sì, saper fare un po' tutto, ma a livello solo dilettantesco, chè si sapeva: la professione è cosa solo maschile. Un uomo poteva esser davvero bravo a fare una cosa, anche una sola. La donna invece, doveva esser poco brava a fare molte diverse cose, perchè la sua vera importante preoccupazione doveva essere il suo ruolo di moglie. 
Tutto il resto è vetrina, sorridere inchinarsi, fare della piacevole conversazione su argomenti di poco conto... chè quella testolina così carina non bisogna che si occupi di cose importanti.

Non è passato un minuto, non è cambiato niente, se oggi guardiamo ancora Miss Italia, Missi Padania, Miss Quarterucolo del cavolo... E' tutto uguale, sorridere, inchinarsi, dire qualcosa di piacevole ma non troppo impegnativo, che non è il cervello la parte del tuo corpo che ci interessa.
Non è passato un minuto da quell'era se ci sono ancora madri che invece di spiegare alle proprie figlie che possono fare quello che vogliono, le mandano a partecipare a concorsi in cui manca solo la bilancia per pesare il loro valore...
Non è passato un minuto, se le ragazze sognano quello, e non di eccellere in qualcosa, sia una disciplina sportiva, un'attività artistica o gli studi. Se il tuo sogno è Miss Italia, l'unica differenza con gli Austeniani salotti è che non ci son più le crinoline, ma tutto il resto è rimasto uguale...

mercoledì 8 agosto 2012

Quel che conta è partecipare!

Ogni tanto, ho dell'umana comprensione... Umana proprio! Perchè è umano essere deboli, è umano essere imperfetti. E nessuno può davvero dirsi umano se non è stato una volta sopraffatto dalla sensazione di impotenza, di infinita piccolezza, di non farcela. E in quei momenti non ci pensi a quanto può essere d'aiuto quella pacca sulla spalla, quel sorriso, quella sensazione che se anche non ce la farai, le persone che ti sono vicine continueranno ad esserlo.
Io ho avuto un periodo pessimo con gli esami universitari e ricordo una frase di mio padre: "Il peggio che ti può succedere è che ti boccino!" Ero stupita che non capisse che proprio quella paura mi creava ansia e ora capisco che proprio per quello mi rassicurava così. Ridimensionava.
Mi faceva vedere il mio mostro per quello che era realmente, difficile, sì, ma non mortale! E allora potevo affrontarlo sapendo che non finiva tutto in caso di sconfitta.



Forse (nè io nè voi possiamo saperlo), nessuno ha aiutato Alex Schwarzer a ridimensionare, nessuno gli ha detto che poteva arrivare secondo, anzi, magari si son messi proprio tutti a dirgli che doveva arrivare primo. E allora quel mostro è cresciuto, invece di ridimensionarsi.
E adesso vederlo piangere davanti alle telecamere non mi dà soddisfazione, anzi. Penso che sì " ha fatto tutto da solo", nel senso che nel momento in cui aveva più bisogno di una mano nessuno gliel'ha tesa per dirgli "son qui". Davanti alle telecamere oggi sembrava proprio un ragazzino, più giovane ancora di quel che è già. E sembrava anche divorato da quel mostro che nessuno lo ha aiutato a ridimensionare.
Perchè una gara si può anche perdere, ma questo forse ai nostri giovani atleti olimpici, non glielo dice nessuno...

martedì 31 luglio 2012

Italian women do it better!!

Foto from Flickr

Ho iniziato l'ennesima esperienza di community online. Questa volta però non per svago, divertimento o sfogo, ma per mettermi un po' più alla prova. Ecco tra l'altro perchè questi lidi ne hanno risentito...

Dico esperienza di community, perchè all'inizio pensavo semplicemente di essermi iscritta all'ennesimo sito, che ha un impostazione social, e quindi devi darti da fare, farti vedere... solite cose! Il team di italiani (o forse dovrei dire italiane visto che sono per la maggior parte donne) che ho trovato però già di per sè rappresenta una community particolarissima, fatta di gente gentile e disponibile che sembra non abbia altro da fare che aiutare te! Così tanto, che ti senti in dovere di contraccambiare, di renderti utile in qualche modo!!
Quando si è presentata l'occasione anch'io ho fatto la mia parte! E ora si chiede un passo in più. Il sito è una piattaforma americana, e visto l'aumento di utenza italiana, gli admin hanno deciso di iniziare a tradurlo, per farlo hanno chiesto la nostra assistenza, di addetti ai lavori e non. Ci ho pensato un po' e poi mi sono unita al progetto. Come me molte altre, e in poco tempo la mole di lavoro che abbiamo portato a termine è stata davvero molta. Così tanta che gli admin si sono complimentata perchè in nessun altra esperienza di traduzione precedente gli era capitato di trovare dei team che lavorassero così tanto (sottolineo che nessuna di noi è pagata per questo lavoro).

Riflettevo su questo: in questa piccola fetta di internazionlità, noi italiani stiamo facendo la figura di quelli che lavorano di più, meglio, e si impegnano di più. Allora, non è vero quello che ci hanno raccontato, che siamo sempre gli scansafatiche di turno, allora è possibile dare un'immagine diversa di noi. Allora è possibile credere di poter fare le cose diversamente.

Altra cosa che mi ha impressionato: a dare questa immagine è stato un gruppo formato praticamente da sole donne.

domenica 22 luglio 2012

Quella forza...

"Amor ch'a nullo amato amar perdona"

...e poi ti dicono che la lingua italiana nella sua evoluzione è cambiata in minima parte. Vi sfido a tradurlo in italiano moderno senza aver mai sentito la spiegazione di questo verso. Forse il verso più famoso di tutta la letteratura italiana!
Comunque il punto è che dice una cosa non vera:
"Chiunque sia amato, non può che ricambiare questo sentimento di amore"

No, non spiegatemi che qui Dante sta parlando del vero amore, quello con la A maiuscola, con la M maiuscola. Quello con la doppia M. Quello per cui Francesca è finita nel girone dei lussuriosi. Non spiegatemelo, dicevo, perchè lo so. Ma lo stesso, non vale, non funziona.
Partiamo da prima dell'amore, partiamo dalle relazioni che si instaurano tra un uomo e una donna (non me ne vogliano, ma posso già parlar poco di ciò di cui ho esperienza, figuriamoci di cui non ho esperienza alcuna!!). Beh è un tale crogiolo di ormoni, chimica, anima e sentimento... che uno poi non lo sa se quello è Il Vero Amore. Sa che c'ha del mal di stomaco diffuso, sa che sorride in maniera ebete... e ad un certo punto magari purtroppo sa che soffre di una sofferenza immane.

No, perché, mettiamo anche che i feromoni ci stiano... Se però lui si scaccola davanti a te, non c'è feromone che tenga! Mettiamo che ti regali un mazzo di rose, ma se lo guardi come guarderesti un cagnolino lasciato fuori dal supermercato, non durerà a lungo. E così sarebbe anche semplice... sì, o no! Niente che vada più in là!
Ma in realtà non tutte le cose vanno così lisce, non si scaccolano al primo appuntamento, no, ma dopo quando hai già firmato il mutuo per comprarci una casa insieme, e non te ne accorgi subito che la tenerezza che provi è quella per il sopracitato cucciolo, perché con tutte quelle frasettine romantiche a pranzo e a cena, ti aveva talmente stordita che non ci ragionavi un granché bene.
E così succedono cose stranissime nelle suddette relazioni, tipo che dopo dieci anni di onoratissimo fidanzamento lui si renda conto che in fondo in fondo lei non gli piace davvero (l'acume non era il suo forte, o è un tipo molto riflessivo). Succede che lei una mattina si sveglia e pensa che il suo posto non è lì, non in fianco a lui e butta a mare matrimonio, luna di miele, e progetti di invecchiare assieme, nel tempo di fare una valigia.
Insomma succedono delle cose che nel momento in cui avevi pensato "E' lui!/ E' Lei!" non avresti mai creduto possibili, e quel che ti resta da fare è arrenderti davanti all'evidenza di aver condiviso i tuoi pasti e molte ore della tua vita con qualcuno, che manifesta quantomeno i sintomi di una sindrome bipolare fulminante.
Ecco io non me la so immaginare la giornata di quello/a dei due che è mediamente normale (per distinguerlo da quello/a a cui a cui hanno appena diagnosticato il disturbo bipolare), che si trova davanti a una di queste o simili possibilità. Come minimo ti fai fare una visita psichiatrica, perché pensi che sia colpa tua non aver notato che la persona che ti stava a fianco era un emerito/a deficiente. O forse i tuoi sensi erano ottenebrati dagli amorosi sensi?
Insomma, oltre al danno ci perdi anche in autostima!

Poi per fortuna ti trovi davanti a persone che allo scatenarsi della bufera, si avvicinano con passo deciso al timone della barca e lo prendono in mano. Magari la direzione non la sanno, e non sanno neanche se la barca potrà davvero affrontare la tempesta a cui stanno andando incontro. Però stanno lì e cercano con tutte le loro forze di tener saldo il timone. E a guardarle non puoi far a meno di pensare che le loro braccia non ti erano mai sembrate così forti, e che il loro sguardo non ti era mai sembrato così deciso come in questo momento. E continuando a guardarle pensi che dev'essere una fatica incredibile stare lì, davanti a tutta quella tempesta, e che in effetti non ci si può avvicinare per dare una mano, perché quello è il loro mare. E ti vien da pensare che se una volta nella vita ti capiterà di inoltrarti così tanto in mare aperto da trovare una tempesta come quella, vorrai avere il coraggio che sta avendo lei, di prendere in mano il timone per portare la barca fuori da tutto quello che sta succedendo intorno.
Ecco, io ho un'amica così, che sta cercando di portare la sua barca fuori dalla tempesta, e io non vedo l'ora di riabbracciarla a riva, per spiegarle che donna eccezionale sia.

Amor ch'a nullo amato amar perdona
mi prese del costui piacer sì forte
che come vedi ancor non m'abbandona

lunedì 18 giugno 2012

l'eleganza di un particolare

 Foto from Flickr

Mi piacciono le gonne lunghe. Sì, sono alta e me le posso permettere. Ma non è solo quello.
Non è nemmeno un problema di coprire le gambe fino alla caviglia (che comunque può far comodo alle volte).
E' come si muovono mentre cammini... è come tu ti devi muovere quando indossi una gonna lunga...

E' che quando le indossi ti senti subito più elegante, anche se lo stile è informale.
E' che quando scendi le scale devi tenere con una mano la gonna più alzata per non inciampare.
E' che quando sali le scale lei intanto svolazza sui gradini che hai già salito.
E' che quando ti siedi lei si appoggia intorno a te.
E' che quando ti muovi e passeggi, lei si muove con te.
E' che all'improvviso ti senti più donna e anche un po' più femmina (no, non è la stessa cosa).

mercoledì 13 giugno 2012

Anonima

Foto from Flickr

La rete è famosa per questo. Per il gusto per l'anonimato. Per quella forma minima di voyerismo che ognuno di noi coltiva nel proprio animo.

Leggiamo, guardiamo, sbirciamo. Ma non vogliamo essere visti. Non vogliamo che si risalga a noi. Siamo titubanti a lasciare il nostro recapito e-mail, quello telefonico neanche pensarci! Scegliamo un nickname o neanche quello, lasciamo la scritta "anonimo" e una grigia immagine.

Ci sono poi molti altri modi per scegliere l'anonimato.
Anch'io confesso di preferirlo, non associo un indirizzo e-mail a questo mio profilo da blogger, nemmeno un nome vero, e neanche una foto (e sì che avrei potuto scegliere una qualsiasi immagine). Eppure come un pollicino inconsapevole ho lasciato tracce dietro di me che se seguite con cura, potrebbero portare a togliere questo velo.

Ma in realtà non è questo lato dell'anonimato che voglio celare, ma l'altro. Non è che non voglia farmi scoprire da chi mi conosce da qui, è che non voglio che chi mi conosce al di fuori della rete veda questo mio essere "altra". E non è vergogna la mia, ma libertà. Libertà di poter scrivere senza preoccuparmi di parlare di cose che mi succedono con gente che mi conosce. Libertà di poter scrivere di me, senza che chi conosce qualcosa in più del mio animo possa cercare di capire e scavare cose che non ci sono, ma sono dettate dalla momentanea voglia di scrivere. (sì, che chiamarla ispirazione proprio non mi pare il caso!)

Sono gelosa di questo mio spazio, e non lo rivelo, non ne parlo, non ne dico.
E sorrido sorniona quando tra amici si parla dei blogger ("quella gente lì che scrive i fatti suoi in rete!!")

martedì 29 maggio 2012

tremore

Stranissima la sensazione della terra che trema sotto ai tuoi piedi. Strano perché fai anche fatica a realizzarlo, senti rumore, poi ti accorgi anche del tremolio, non lo capisci subito. Senti il rumore, qualcosa che trema che sbatte, non lo identifichi, ti guardi intorno, qualcuno ti dice "il terremoto" e in un secondo hai fatto mille pensieri, realizzi solo in quell'istante cos'è la sensazione che senti. D'istinto alzi gli occhi, il lampadario, perché se è davvero il terremoto, ti hanno insegnato, il lampadario si muove. E' così, si muove. Pensi, e pensi che non hai il tempo di pensare, pensi che non sai quale sia il muro giusto, e la tua mano è già sulla maniglia, al secondo passo che fai pensi a chi è dietro di te, che se la casa non è sicura per te, non lo è neanche per gli altri. Ti hanno detto anche che non devi prender mai niente con te, prima mettiti in salvo, poi alle cose che lasci ci penserai. E questo viene già più facile da eseguire.
Il tutto è durato una manciata di secondi, ma li hai attraversati come fossero minuti. Ok, paura per niente? Casa intera, tutti sani, solo che ti guardi in giro, tutto tranquillo, e quindi?
E quindi come si fa a sapere che non ricapita? O a sapere che se ricapita, comunque non ci saranno danni. Nelle ore successive l'assestamento lo riconosci più velocemente, dura anche meno, l'intensità è diversa, ripassi mentalmente le regole che ti hanno ripetuto da bambina, e pensi anche che ti avevano sempre detto che nelle pianure alluvionali i terremoti non succedono. Altre domande.

lunedì 21 maggio 2012

In silenzio

Al corso di primo soccorso che feci alle medie ci puntualizzarono una cosa, che mi è rimasta impressa: se dovete soccorrere più di una persona, non sempre vale il principio che chi si lamenta di più sta peggio. Anzi, non vale quasi mai.
L'urlo di dolore impressiona, certamente, ma non è detto che tace stia soffrendo meno. Il dolore sordo, quello che ti prende alla bocca dello stomaco, spesso ti toglie anche la forza di parlare.
Poi c'è il dolore che deve per forza star muto. Quello che non può far rumore, perché... per mille motivi non lo si può raccontare. Il dolore soffocato su un cuscino, portato in giro con forza tutti i giorni, che taglia le gambe all'altezza delle ginocchia, e che si deve portare comunque con sé. Il più subdolo, quello da nascondere, dietro a sorrisi sforzati, rimandato ad angoli di solitudine dove non siano necessarie spiegazioni.

(...) un dolore che sale, che sale...
Si ferma sulle ginocchia che tremano, e so perché... 

E proprio in questo nascondere in qualche modo ce lo autoinfliggiamo, per non reagire soffriamo di più, celando sempre, e comunque.
A voler ben guardare ci son momenti in cui è più difficile nasconderlo, se per stanchezza o volontà nascosta di esser consolati, non saprei dire... Accorgersene è un attimo, un respiro a fondo e si ritira fuori il sorriso di schermo.

(...) un dolore che sale, che sale e fa male...
Ora è allo stomaco, fegato, vomito, fingo ma c'è  

Alle volte è anche una carezza a sbriciolare il muro, ad abbattere la finzione, un gesto gratuito, dolce, inaspettato, che altrettanto inaspettatamente frantuma il silenzio, forse per un attimo o forse più a lungo.
La sensazione di cercare di svuotarsi...
Perché sai che svuotarsi è impossibile e come un'onda ritorna, si innalza e si increspa prima di tornar giù e risollevarsi al prossimo alito di vento.

Resta che una parte del cuore
sarà sempre sospesa
senza fare rumore,(...)

Almeno la lezione l'hai imparata, e adesso cerchi di raccontarti meno bugie, hai deciso che di nuovo no. Che stavolta vuoi difenderti.


Ed anche il cuore adesso implora
Di evitare ogni dolore


Le parti in corsivo sono testi delle canzoni dell'ultimo album di Arisa

mercoledì 16 maggio 2012

La parola buongiorno

Foto from Flickr


Col successo che stanno avendo Fazio e Saviano, vorrei unirmi anch'io a questo trend, e vorrei anch'io portare alla gentile attenzione del pubblico una parola: Buongiorno!

Inteso come saluto, quindi Buonasera in questo caso è equivalente. Lavoro in portineria per un totale di una decina di ore a settimana, quando varcano quella soglia gli utenti mi vedono (volenti o nolenti), sono dietro il banco in entrata, se me ne ricordo, sorrido anche.
Eppure troppa gente passa chinando la testa e pensando che Buongiorno (o i suoi equivalenti), non siano necessari. Hanno fretta? Ma si può dire anche camminando, e nel tempo che attraversano l'atrio ci stanno tutte e tre le sillabe. Ai più distratti lo ricordo io, facendolo risuonare per prima. Qualcuno ha comunque il coraggio di non rispondere. Non so, forse non me lo merito.

Non è diverso per chi telefona. Buongiorno, è un optional, e forse io non ho pagato abbastanza per fruirne. Anche dire il proprio nome è un optional, tanto che spesso devo chiederlo io. Soprattutto se hai chiamato per parlare con qualcuno non pensi sia il caso di fornire le tue generalità? E comunque non è un atto di cortesia e rispetto verso la persona che ti risponde? (ebbene sì, sono una persona anch'io)

Mi è addirittura venuto il dubbio di essere improvvisamente diventata troppo magra, e quindi, più difficile da notare, e che fosse per questo che così tanta gente non saluta entrando dove lavoro. Ho fugato velocemente questo dubbio con una veloce occhiata alla bilancia, niente da fare, il mio peso è sempre quello, devo supporre che tale sia rimasta anche la mia mole.
Mio padre a tale proposito mi ha dato un consiglio: "Prova a dargli un 'peston' forte sui piedi, vedrai che ti notano!"

sabato 12 maggio 2012

Io vorrei... non vorrei... ma, se vuoi...

Foto da Flickr


Ho sempre pensato di non aver avuto una vera e propria adolescenza. Niente piercing o tatuaggi, niente cambi di "moroso" ogni settimana, niente rientri alle 5.00 a.m. Non ho mai chiesto il motorino, né voluto andare in discoteca.
Non che questo mi abbia impedito di avere buoni argomenti per litigare con mio padre, uno su tutti: la scuola!
E questo no mi ha nemmeno impedito di innamorarmi perdutamente, sentire le farfalle nello stomaco (ma quelle non son esclusiva adolescenziale per fortuna!) e poi piangere sconsolata per... "lui!"

Uno dei vantaggi dell'essere più vicina ai 30 che ai 20 pensavo fosse quindi la fine di quegli strani processi e percorsi del "mi piace, ma quanto mi piaci, non so se mi piaci, oggi mi piaci domani chissà!"

Certo, regole nell'attrazione tra un uomo e una donna non ce ne son mai state, ma quantomeno pensavo di giocare una partita tra "adulti"! Invece devo ricredermi, o almeno...

Mi mandi uno o più messaggi, non del tutto "utili"... ti sei fatto dare il mio numero con la scusa di una cortesia... e poi? No, perché se è tutto qui fatico a leggere un vero interesse "ma magari voleva, non voleva, non sapeva" mi sento ribattere.
Eh no, siamo adulti, lui di più, vorresti? beh prova, osa! Che sarà mai? Tasta almeno il terreno! (nessun doppio senso, eh)

Mi chiami con una certa regolarità... mi affibi nomignoli più o meno carini, ci prendiamo volentieri in giro... e quindi?

No, perché, io vorrei specificare che non peso ogni parola che mi vien rivolta, non scandaglio l'animo umano, non interpreto, non leggo segni, vuoi dirmi una cosa, me la devi dire e basta, non sperare che intuisca! (non intuisco!!)

Allora, capite, preferisco il postino, che:

"Buongiorno, ma che bel cambiamento che si vede qui, è definitivo?"
"No, trova me al mercoledì mattina, ma le altre mattine c'è il mio collega, come al solito."
"Beh, allora io passo solo il mercoledì, va bene?"

;)

giovedì 5 aprile 2012

back in kitchen

Da un po' di tempo in molte ricette trovavo tra gli ingredienti la pasta fillo, ma non era facile reperirla in giro. Girato qualche supermercato e chiesto a qualche amica appassionata di cucina non ne venivo comunque a capo. Alla fine l'illuminazione, vedo un negozio di alimentari cinese e realizzo che se non l'hanno lì non la troverò da nessuna parte!
Entro, e quando finalmente mi raccapezzo tra scritte in cinese e prezzi in euro trovo la confezione: 40 fogli!
Sì, ho pensato che fossero troppi ma quella c'era e quello ho preso! Poi ho anche temuto che scongelandola diventasse un blocco unico, ma con mia grandissima sorpresa i fogli si staccano che è un piacere!
Ah, m vi ho detto che ne ho fatto? beh intanto ho preparato il ripieno per i miei personalissimi involtini primavera con un po' di avanzi di pollo a cui ho aggiunto delle zucchine e del curry:


Poi ho steso i miei fogli di pasta fillo che come ho detto non si attaccano tra loro, fatta eccezione per i bordi, che causa disgelo si attaccano un pelo...



 Poi ho messo il ripieno nell'angolo, come da istruzioni ritrovate su internet e ho iniziato la piega dall'angolo! Operazione relativamente semplice si chiudono bene e non esce niente.



Ah, sì... bisogna poi richiudere gli angoli verso l'interno così prendono proprio la forma a fagottino!



E poi ho deciso la cottura. Volevo provarli al forno, ma non ho resistito, almeno un paio dovevo friggerli assolutamente, perché sì!
Buoni entrambi, un consiglio su quelli fritti:


intingete un angolo nella salsa rosa prima di metterli in bocca.... la morte sua!!




giovedì 29 marzo 2012

A mano libera



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martedì 27 marzo 2012

Il cuore di un uomo passa sempre per il suo stomaco

foto da Flickr

"Massimo, non voglio che tu ti sieda vicino a Dario, perchè fate confusione!"
"Ma io voglio sedermi qui!"
"No, vieni a sederti qui vicino a Giulia"
"No, non voglio!"
"Dai, siediti qui!"
"Non voglio non voglio non voglio!"
"Non fare i capricci, un posto vale l'altro!"
"No, no! E allora non mi siedo, resto in piedi!"
"Ok... senti facciamo un patto?!"
"no, no , non voglio!"
"Beh, ma prima lasciamo dire che patto voglio fare!"
"No, non voglio"
"Lasciami solo dire, magari ti conviene..."
"Va beh, sentiamo..."
"Se ti siedi qui, alla fine della lezione ti dò due caramelle!"
"Va bene!"

c.v.d.

venerdì 9 marzo 2012

duecento e non dimostrarli!

No. Non anni!! Post, 200 post!
Su, dai non serve fare quella faccia lì, lo so anch'io che per i Blogger veri (proprio quelli con la maiuscola) 200 è un numeretto. Ma io mi diletto appena appena, e vedere quel numero (200) sulla mia schermata, mi ha fatto un po' tenerezza. Eh sì, perchè per quanto piccolo è un tragurado quel numerino lì.

E allora se numeri devono essere numeri siano!
Il blog apre i battenti nel 2008 da qui. Il 2008 poi è stato l'anno più prolifico con i suoi 98 post! Il mese più produttivo? Maggio.
E dire che il 2008 si è aperto a marzo per questo Lido!
Per la maggior parte ciò che potete trovar qui sono "cose mie" Da alcuni anni però apro squarci sul mio lavoro all'Asilo, mentre colgo l'occasione di annunciarvi che non ci saranno più perle dalla Biblioteca, i miei giorni da volontaria son terminati, adesso mi hanno assunta a progetto (se vi spiegassi le mie mansioni non sareste contenti neanche voi!). Di tutti questi post qualcuno mi ha dato soddisfazione per essere stato molto letto e commentato (ho ancora in mente la querelle letteraria con Mario!), ma uno in particolare è stato scelto e pubblicato dalla redazione di paperblog, regalandomi un momento di gloria (lo so, mi si accontenta con poco!). A un altro ancora ha fatto un link invece uno dei miei aficionados, regalandomi non meno soddisfazione!
Altro bel numero: 16. I miei lettori (o sedicenti tali!). Niente superstizione o falsa modestia, lo so che lì in parte c'è scritto 17, ma Lieve si è segnata due volte! Quindi siamo onesti, i miei lettori sono 16!

Ecco, allora smettiamo di parlare di numeri e parliamo un minutino di umanità! Sì, in questi 200 post, in questi 4 anni, la cosa più bella che ho trovato scrivendo è stata l'umanità di persone che leggono. Sono affezionatissima all'anonimato che questo blog mi conserva, eppure ho "incontrato" delle Persone (sì, con la p maiuscola, anche più maiuscola dei Blogger) che mi hanno arricchita.
Adesso vedete, io potrei mettermi qui e fare il link ad ognuno di loro e dirvi perchè sono così straordinari, e loro meriterebbero questa mia fatica. Ma c'è che poi con ognuno di loro c'è qualcosa di diverso. Allora facciamo così, guardate sulla destra dello schermo, e andate davvero a farvi un giro dalle loro parti e ditemi poi se non trovate qualcosa che vi incatena lì.
In questi anni poi ho perso per strada alcuni di loro, con mio sommo dispiacere non si accede ai loro blog o li hanno chiusi...
Mi rimangono le parole, i commenti, quel po' di "relazione" che si era instaurata. E me li tengo stretti...
Forse sarebbe pure ora di fare un po' di pulizia su quei link, ma il mio disordine rende anche questi processi un po' lenti...


200 post, tanti auguri a me, e una fetta di torta per ciascuno dei miei compagni di viaggio!

venerdì 2 marzo 2012

Guai a quel paese che ha bisogno di eroi

Da un po' di tempo in Italia non si sente parlare d'altro che di novelli eroi. Vuoi per far fronte ad un evento catastrofico come il naufragio di una nave, vuoi per elogiare chi paga le tasse dovute, o per ultimo un poliziotto che fa il suo dovere di tutore dell'ordine mantenendo la calma in una situazione difficile.
Lungi dalla sottoscritta affermare che questi comportamenti non siano, e non siano stati, da considerarsi esempi positivi. Quello che mi dà da pensare è la classificazione.

foto di Antonio Perrone Torkio
Non voglio entrare nel merito di nessuno di questi avvenimenti, perché tanti altri se ne potrebbero citare, e di attualissimi. Ma voglio capire cosa significa dire che una persona, al proprio posto, che ha fatto il suo dovere, venga stigmatizzato come eroe. Un eroe è superman: fa qualcosa di incredibile, incurante delle conseguenze. Un'eroe è Gandhi: fa qualcosa di grande, in cui nessuno era mai riuscito prima.
Ma se uno diventa un eroe perché paga le tasse, allora vuol dire che abbiamo accettato come normalità il fatto che non si paghino. Se un carabiniere diventa un eroe per aver mantenuto la calma in una situazione difficile, vuol dire che stiamo serenamente accettando il fatto che una persona in divisa possa dare in escandescenze e scendere ad atti di violenza solo perché il contesto è difficile.
Se essere un comune uomo di buon senso diventa un atto eroico, stiamo dando il via libera a un mondo in cui non esiste più un senso civile (non civico).
Il problema non è riconoscere la positività del comportamento, ma segnalarlo come straordinario. Ne conseguirà che l'ordinario è di bassissimo livello, e che la vita "normale" è naturalmente costellata di terribili nefandezze.

Alcuni anni fa, in un programma televisivo in cui si parlava di lotta alla mafia, un giovane imprenditore che aveva scelto di non pagare il pizzo e di denunciare chi glielo voleva estorcere veniva intervistato e ricordo che disse di non voler essere un eroe, e di esserlo diventato suo malgrado, ma di non aver mai voluto quello status. Oggi lo capisco ancora meglio. Se la sua normalità fosse stata la legalità e una rete di persone che ritenevano normale e giusto non sottomettersi a un atto di forza, lui non avrebbe avuto bisogno in alcun modo di "diventare un eroe".
Sciagurato davvero quel paese che ha bisogno di eroi, e più sciagurato ancora colui che deve fare l'eroe per vivere una vita comune...

mercoledì 22 febbraio 2012

Contratti

"Titas, non sederti vicino ad Alex, siediti....mmmh... qui vicino a me!"
(due bambini notoriamoente "vivaci", se si siedono vicino e si alleano sono finita!)
"...perchè?"
(me lo chiede con aria sconosolata, perchè sanno che li sposto quando sono un po' monelli)
"Perchè... perchè ti voglio qui vicino a me!"
"Perchè mi vuoi bene?"
"Certo!"
"Va bene allora, ti voglio bene anch'io!"

mercoledì 8 febbraio 2012

Il vero genio

Johann Sebastian Bach è un nome che evoca di suo già una musica...
Ma quale?
La produzione di Bach è talmente vasta e variegata che definirla in modo univoco è rischioso quanto inutile... Però il personaggio merita di fare il tentativo di avvicinarsi un po' a lui, per quanto ci sia consentito.

La riforma protestante ha trovato in Bach un artista da sfruttare suo malgrado. Viene attribuita alla sua musica un'attinenza e un sentimento religioso che non siamo del tutto certi fossero nelle sue piene intenzioni. Bach scrive musica sacra perché è quella che si vende e perché quello è il suo incarico visto che è maestro di cappella, e organista. Anche la scelta degli strumenti non è un caso. Clavicembalista e Organista, insomma suona strumenti a tastiera, e i due più in voga del momento.

Nei miei modesti studi mi son fatta l'idea di un uomo più che altro pragmatico, e non così divinamente ispirato, ma sicuramente geniale. Però geniale in modo poco "romantico". Un uomo che aveva un discreto numero di bocche da sfamare (7 figli dalla prima moglie e 13 dalla seconda), e aveva l'intelligenza di riutilizzare una stessa cantata con testo sacro e poi profano.
Dobbiamo a malincuore staccarci dell'idea che il Romanticismo ci ha consegnato di Musica, per avvicinarci a un personaggio come Bach.

Oggi quel che possiamo fare è, ovviamente interpretarlo. Con la coscienza che non avremo mai il suo sentire e le sue intenzioni, non perché siamo inferiori, ma semplicemente perchè siamo diversi.

Io non amo tutto Bach, ma ho letto spesso del genio nella sua produzione strumentale. Partiamo dal concetto che la musica strumentale per l'epoca era ancora inferiore a quella vocale. Quindi l'impegno dell'artista era sicuramente minore (non oso immaginare se si fosse impegnato sul serio...).
Ci ha consegnato delle meravigliose suite, e anche qualche dubbio. Un grosso dubbio, che forse a qualcuno attanaglia ancora l'esistenza, è per quali strumenti sino destinate alcune di queste suite. Il fatto che riportino una dicitura precisa è più spesso dovuto ad un'occasione che ad una vera e propria intenzione. Siamo in un'epoca in cui ancora lo strumentista non ha la dignità di un "musicista", è un "tecnico del suono" (o se vogliamo essere gentili come Boezio: è una bestia!), quindi poco importa se esercita la sua tecnica (e non arte!!) su questo o quello strumento.
Però di alcune suite non sappiamo quale sia la prima versione. se il mio discorso è stato compreso a quest'ora starete pensando: "Poco male!"
Tra queste c'è una suite molto bella a cui io sono particolarmente affezionata. Ve le faccio sentire nell'ordine in cui le ho conosciute io:

SUITE BWV995 Preludio:


SUITE No. 5:



Quello che si sente in entrambe le esecuzioni (impareggiabile Rostropovich nella cornice di una meravigliosa chiesa che regala un'acustica incredibile!) è un carattere intimo, che nel preludio (primo movimento) è del tutto evidente. Rimette in ordine il tutto il fugato che segue. Ma nell'interpretazione del brano oggi non si può non leggere questo elemento di enorme modernità per un musicista come Bach che tutto può essere meno che "intimo". Eppure la musica si presta ad un sostare sulle note lunghe (che al violoncello riesce meglio) che è più tipico di uno spirito successivo a quello dell'autore.
Ma la cosa ancor più sorprendente per l'ascoltatore moderno è come entrambe le esecuzioni siano più che plausibili. Ascoltando la prima nessuno nutre dubbi che si adatti al liuto (Bach la chitarra non la poteva conoscere...), e dopo aver ascoltato la seconda non possiamo non ammettere che si adatta totalmente al violoncello.
E la presa di coscienza di quanto il discorso su quale versione sia la precedente sia inutile, spiazza e lascia completmente estasiati dal vero genio di Bach!

venerdì 27 gennaio 2012

Cosa ricordare?

Non ho scritto il post qui sotto pensando che oggi è la giornata della memoria, ma oggi che leggo ovunque un invito a "Ricordare", penso che episodi come quello che ho descritto siano il segno più evidente che la memoria è un muscolo che va allenato sempre e in continuazione, perchè se non siamo capaci di vedere il razzismo in queste sciocchezze, e di allontanarlo il più possibile dalle nostre menti e i nostri cuori, le corone di fiori che appendiamo in giro non servono a niente.

Ricordare per riconoscere, ricordare per difendersi, ricordare per cambiare un pezzettino di noi, quel pezzettino impaurito che ci fa vedere il male dove non c'è e nasconde il male ai nostri occhi.
Ricordare per imparare a guardare.

mercoledì 25 gennaio 2012

Storie di ordinario razzismo

Salgo sull'autobus tutti giorni, un po' meno spesso di me salgono i controllori, forse per questo motivo questo mese è aumentato l'abbonamento. Sono seduta vicino ad una signora non giovanissima che puntualizza:
"Ci vuol poco a fare i controlli, tanto sappiamo tutti chi non paga il biglietto!"
Io mi giro, la guardo, ma non accenno una risposta, vedo che ha ancora qualcosa da dire.
"Lei capisce a chi mi riferisco, no?"
Ha uno sguardo complice nei miei confronti la signora, e continua a parlare e mi dice:
"Certi giorni si vedono salire certe tribù..."
Adesso ho qualcosa da dire anch'io, con calma, ma ho qualcosa da dire:
"Sa, io vedo tutti i giorni delle signore di colore salire alle fermate dopo la mia sull'autobus, e mai una volta saltano di obliterare il biglietto. Non serve essere extra-comunitari per non pagare il biglietto, sa? So invece per certo di molti italiani che non lo pagano, perché tanto i controlli sono pochi!"
La signora è sorpresa del fatto che non fossi d'accordo con lei, e sembra anche ragionevolmente stupita.
"Ah, lei dice?"


Qualche giorno più tardi di ritorno sulla stessa linea incrocio di nuovo i controllori. Uno di loro si trattiene a lungo con una signora dal chiaro accento del nordestchelavora, la signora pare non riesca a trovare il biglietto giusto obliterato per la corsa che sta effettuando. E il controllore continua a ripeterle una frase, man mano che lei presenta biglietti evidentemente non validi:
"Signora, quel biglietto lì non me lo faccia neanche vedere che è obliterato due volte e le devo far la multa!"

mercoledì 18 gennaio 2012

Sempre in guardia

Lunedì mi sveglio completamente afona, ma stoicamente decido di andare comunque all'asilo!

A un certo punto un bambino:
"Maestra, ma sei senza voce?"
"Eh sì!"
"Ma quindi... non puoi urlare?"
"..." (è una domanda trabocchetto?)

sabato 14 gennaio 2012

quale limite?

Mi chiedo se perseverare non sia un accanimento poco terapuetico alle volte, se non sia un modo di non saper leggere i segni, un non rendersi conto di cosa l'Universo (o chi per esso) sta cercando di dirti.
Mi chiedo quale sia il limite. A che punto il continuare a lottare nonostante le non sempre metaforiche "legnate" diventa masochismo e gusto di "farsi del male"?
Arrendersi subito non è un'ipotesi accettabile, non sono stata programmata per questo. Ma da cosa si potrà mai riconoscere il limite? E soprattutto dov'è davvero?

Ottimismo e stupidità sono quindi così confinanti? Sono separati da una linea davvero così sottile? Andarsene in giro sorridendo equivale al tentativo di abbattere un muro che ti hanno spiegato essere indistruttibile?
Per motivi diversi in questi giorni penso che non ho poi la costanza che credevo e che le difficoltà sembrano parzialmente avere la meglio su di me, almeno momentaneamente...
Poi continuando a passeggiare tra i blog (unica attività di scrittura di questo periodo) mi sento salutare come ottimista, e penso che mai definizione è meno azzeccata al periodo che sto vivendo, ma voglio coglierla come incoraggiamento, solo mi chiedo...
Quale sarà il colpo che cancellerà il sorriso dell'ottimismo?