venerdì 27 febbraio 2009

immagine da Wikipedia
Ieri sera prima di cena, stavo facendo un po' di zapping e (ahimè) capito su rete 4 nel momento in cui intervistano alcuni cittadini sulle nuove limitazioni allo sciopero (non si deice così?!).
Io spero che de defic... beninformati del geere li abbiano cercati col lanternino! Ovviamente non serva dire che pansavano tutti che fosse una legge assolutamente necessaria...

Anch'io mi arrabbio quando non c'è il mio trenino che mi porta a lezione o al lavoro, ma io ho rispetto del diritto allo sciopero ( lo diceva già Locke anni fa, e dargli del comunista e quanto meno anacronistico...). E lo sciopero nasce dalla volontà dei lavoratori di far capire che quello che fanno è importante, facendolo mancare. Nasce dalla concezione che essere una società, una comunità, vuol dire che se una parte soffre, ne soffre tutta la comunità. Ma la società non può accorgersene finchè quei lavoratori garantiscono il loro servizio.
Allora qualcuno mi può spiegare qual è il senso dello sciopero virtuale (= finto)?!
Perchè io nella mia mente limitata non lo riesco a capire, però nella mente limitata di cui sopra me la vedo la scena di uno sciopero virtuale di cui non si accorge nessuno, come non ci si accorge del disagio che sta dietro...

giovedì 26 febbraio 2009

Cose che non cambiano


Se c'è una cosa che non è cambiata in 7 anni di Università (e temo non cambierà, ma auspico di non essere qui a verificarlo) è la fila al bagno delle donne. Lo so quello che state pensando: non c'entra niente l'Università, ma vi assicuro che il nostro è un caso un po' più particolare!
Sì, perché vorrei fare 2 chiacchiere con la geniale mente che ha pensato ben 2 bagni per gli uomini! Ah, forse non è noto ai più qual è la mia facoltà: Lingue! Ecco, che gli uomini di questa facoltà si contano sulle dita di... su un paio di dita! E non serve lavorare all' Istat per fare questi conti, per dire, ci sono arrivati anche gli studenti di scienze politiche, che vedendoci uscire da un aula dopo la lezione hanno commentato "E che è?! Lezione di economia domestica?!". Commento che, con tutto il rispetto per gli studenti di scienze politiche, ne rivela il livello di cultura...

Ottimizziamo, riduciamo gli sprechi, dice la Gelmini, bene! Allora devolviamo questi 4 nuovi bagni a chi ne ha davvero bisogno (che per i maschietti ne basterebbe uno solo per servire tutta la facoltà di lettere e filosofia...) e facciamo fare meno fila all'esorbitante numero di studentesse, che così passano meno ore in fila e di più a studiare, si laureano prima (trovano lavoro comunque dopo i loro colleghi maschi, e non certo perché questi ultimi evitano le code al bagno...) e vedrai quanti problemi in meno nelle Università... no?!

lunedì 16 febbraio 2009

Il romanticismo dei treni

Foto da Flickr

C'è qualcosa di romantico nei treni... sì, a parte il fatto che sono sempre in ritardo, che sono sporchi e tutto l'odio che il pendolare medio accumula nei confronti delle ferrovie dello stato... c'è qualcosa che mi piace nei treni...

Sarà tutto quel muoversi fuori dal finestrino, campi e case che scorrono davanti ai tuoi occhi, sarà, quell'umanità che ci trovi dentro. Non mi riferisco al sentimento, sia chiaro, che per trovare un posto le più graziose nonnine sono disposte a sgomitare come non ci si immagina neanche, no mi riferisco al fatto che in treno salgono tutti i tipi di persone, anche quelle che non t'aspetti. Senza voler avere alcun riferimento politico, il treno è in qualche modo democratico, chiunque può salire. E in treno tutti viaggino in una direzione, ma con direzioni diverse. Ognuno ha la sua fermata, ognuno ha un suo punto d'arrivo. E in treno, quasi tutti si organizzano per passare il tempo. C'è chi dorme, chi ascolta la musica, chi mangia e chi beve, chi lavora, chi studia, chi telefona a chi ha appena lasciato o a chi sta per raggiungere, c'è chi chiacchiera, e chi legge.

Non si leggerebbe nulla, se non fosse per paura. O per rimandare la tentazione di un rovinoso desiderio a cui, si sa, non si saprà resistere. Si legge per non alzare lo sguardo verso il finestrino, questa è la verità. Un libro aperto è sempre la certificazione della presenza di un vile – gli occhi inchiodati su quelle righe per non farsi rubare lo sguardo dal bruciore del mondo – le parole che a una ad una stringono il fragore del mondo in un imbuto opaco fino a farlo colare in formine di vetro che chiamano libri – la più raffinata delle ritirate, questa è la verità. Una sporcheria. Però: dolcissima.” A. Baricco, Castelli di Rabbia

Si sale in treno già con l'idea di dover trovare il modo di passare quel tempo inerte che ci separa dalla meta. Un tempo prestabilito, non sempre rispettato, ma prestabilito. E inevitabilmente ci si trova ad osservare gli ignari compagni di viaggio, perché per lungo o corto sia, quello è un viaggio condiviso, e osservandoli immaginiamo. Immaginiamo che la ragazza che ci sta davanti sia in viaggio per raggiungere il suo amore perché ogni dieci minuti guarda l'orologio, immaginiamo che l'uomo che è appena salito non sia un habitué, perché lascia sedere troppa gente, senza sapere che a quest'ora è già una grazia trovare posto, e perché ad ogni stazione si sporge per vedere dove siamo. Immaginiamo vite e destinazioni per chi sale e chi scende. Riconosciamo gli studenti che vanno a fare un esame, che si affannano a leggere per l'ultima volta gli appunti, e ogni tanto alzano lo sguardo per ripetere silenziosamente. Vediamo anche scene che ci fanno ridere o sorridere, perché alle volte la gente pensa che il treno sia un posto al di fuori del mondo dove si può dire qualsiasi cosa, dove il giornale uno lo compra per farlo leggere alla comunità, dove ci si possono raccontare segreti. Ma sui treni c'è tutto un mondo che ti ascolta, anche involontariamente, e alle volte nasconde a fatica un sorriso dopo le tue parole.

venerdì 6 febbraio 2009

Le età della vita

Leggevo un articoletto, in una di quelle riviste che compro per conoscere i programmi televisivi, un articolo rivolto alle mamme dal titolo "Quando farli avvicinare alla musica?". Seguivano alcune indicazioni, tra cui quella di abituare da piccoli i bimbi alla musica con occasionali ascolti, senza proporre loro un sottofondo continuo. Bene, al limite dell'ovvio, ma meglio ricordarlo: non rintronate i vostri figli! Seguono poi indicazioni sullo studio della musica: l'età giusta per iniziare?! 3 anni, a quell'età sono spugne dal punto di vista dell'apprendimento e imparano tutto! Vero, anche se più che insegnamento vero e proprio io lo chiamerei "avvicinamento", insomma, sbatte le macchinine a terra, ma a tempo di valzer!
E ancora: l'età per imparare a suonare uno strumento? 5/6 anni! EH?!?!?!?
Ebbene non vi nascondo che mi piacerebbe vedere la mente geniale che ha scritto cotanto articolo provare ad insegnare ad un bambino di 5/6 anni a suonare uno strumento qualsiasi. Lo dico perché ho tra gli allievi un bimbo di sei anni! Sicuramente lui è dolcissimo, e cerco di "giocare a suonare", ma insegnare musica è un'altra roba!
Insegnare musica vuol dire insegnare la disciplina, vuol dire fornire delle nozioni, spiegare un linguaggio, che li aiuterà ad entrare in un mondo bellissimo, ma anche molto complicato. La musica si fonda su discipline come la fisica, la matematica, la filosofia. Per fare un esempio banale, le indicazioni di tempo sono espresse in frazioni.

Consideriamo anche le dimensioni di un bambino di 5/6 anni! Il mio piccolo allievo quando si siede sulla sedia non tocca terra con i piedi, e per suonare la chitarra non è il massimo! Per fortuna le chitarre (e anche i violini) li fanno più piccoli (1/2 e 3/4), ma i pianoforti? O altri strumenti? Perché sarebbe bello e onesto che fosse il bambino a scegliere lo strumento!
Bene, adesso mettiamoci per un attimo nei panni di quel povero insegnante. Quante e quali nozioni deve avere?! Sì, perché non basta conoscere la musica, bisogna anche trovare un modo per insegnare a bambini così piccoli, e la formazione di un insegnante di musica passa per un diploma di Conservatorio, e pochi hanno anche un diploma in Didattica della musica.

Per carità, come gioco, intuitivamente, o come attività propedeutica,si può fare!Ma, se posso, se vostro figlio non è un genio, non dico dotato, ma proprio un genio (e storicamente sono pochi, pochissimi!), a 5/6 anni, lasciatelo giocare!