Ce le ho ancora negli occhi... le mie ragazze che si preparano alle sfide finali, che cercano il mio sguardo
perché non ci credono di essere arrivate fino a lì. Io ho un'agitazione che poche volte nella mia vita, ma devo cercare il più possibile di essere impassibile,
perché sono io che premierò il vincitore e le guardo solo quando sono impegnate a prepararsi tra di loro,
perché non voglio che leggano un'aspettativa sul mio viso,
perché io in realtà sono già contenta che siano arrivate quarte, ma penso a Maria e a tutti i sacrifici che ha fatto quest'anno, e che se lo merita di vincere.
Passano la prima semifinale, e io penso "brave le mie ragazze!".
Poi arriva il momento della finale e io lascio l'arbitraggio a chi di dovere,
perché sennò non sarebbe corretto, fin qui dovevo solo leggere il cronometro che qualcun altro teneva, ma adesso la sfida è diretta. Ho le lacrime agli occhi ma non posso piangere (eppure mi farebbe così bene...), sono così orgogliosa di loro (chissà se poi riuscirò a dirglielo...). Loro sono
tesissime, sentono il tifo degli altri ragazzi.
La finale non la passano e io non resisto, non potrei, ma tra le urla dei vincitori scivolo ad abbracciarle.
Poi torno indietro, adesso tocca la cerimonia, e tutto sommato sono anche contenta che vinca Francesco
perché ormai è 5 anni che ce l'ho sotto gli occhi, ed è un bravo ragazzo, e l'ho vista la faccia che aveva durante la sfida, ci ha messo tutto
sé stesso. Allora spengo il microfono e mentre gli consegno la bandierina glielo dico "Bravi ragazzi! Sono proprio contenta che abbiate vinto voi!".
Poi si chiude tutto e ci sono solo urla di gioia e sorrisi e ragazzi stanchi ma contenti e vado incontro alle "mie" ragazze le abbraccio di nuovo e glielo dico "sono fiera di voi ragazze!". Loro sono felici (non ho detto contente, ho detto FELICI!), Maria ha gli occhi
lucidi e mi fa "Possiamo andare a congratularci con i vincitori?".
E lì dimentico tutto, le delusioni, la fatica, le arrabbiature, gli impegni, le litigate con i genitori, la paura di non essere in grado, di non essere all'altezza e mi rimane solo la gioia di credere nei miei ragazzi, e di volergli bene, non
perché sono arrivati fino a lì, ma
perché hanno voluto credere in qualcosa e lo hanno fatto fino in fondo, e penso a quanto sono fortunata!